A tavola con gli Estensi: il pane “intorto”
Molti hanno definito il pane ferrarese, la famosa “coppia”, come il più buono del mondo. Sicuramente complici di tale successo furono gli Estensi, che a partire dal 1287 con le norme statutarie emanate da Obizzo II, regolamentarono in maniera ferrea la produzione di questo pane, che così è potuto giungere fino a giorni nostri. Tra le regole alcune riguardavano il formato (da principio si parlava di pane con gli “orletti”, in seguito definito “intorto”), altre la qualità della lavorazione, con particolare attenzione all’accuratezza della cottura, mentre sembra che inizialmente non fosse consuetudine accoppiare due forme come invece è prassi odierna.
Tali norme, antesignane dei nostri disciplinari, prevedevano anche rigidi controlli da parte dei messi ducali, e obbligavano i fornai ad apporre il loro marchio prima della cottura, un utile strumento di rintracciabilità… Anche le sanzioni erano molto severe, e potevano arrivare alla berlina nelle pubbliche piazze!
Gli Estensi amavano particolarmente il pane “intorto”, che veniva immancabilmente servito durante i banchetti e addirittura durante i viaggi, come nel caso di Borso nel 1471, che recandosi a Roma per ricevere l’investitura di Duca di Ferrara da Papa Paolo II, non fece mancare al seguito del suo corteo il “panatiero” Angiolo, addetto alla conservazione del pane per la Corte.
Oggi i metodi di produzione su vasta scala hanno certo affievolito il fascino di questo prodotto, ma esistono anche molti fornai artigiani che utilizzano per la lievitazione la cosiddetta “madre”, una biomassa ricca di lieviti che va mantenuta nel tempo e che permette poi di ottenere profumi e fragranze inimitabili.