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“La neve nel bicchiere”… reload!

«Vedrete che succedono molte cose in questo libro, dove si mescolano per circa mezzo secolo i fatti d’Italia con i fatti di una covata di contadini padani» Cesare Zavattini

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Per fortuna esistono ancora dei sottili fili rossi che fungono da ponte fra le diverse generazioni: di solito sono oggetti o gesti simbolici, legati a eventi ricorrenti, come quelli stagionali.

Molti di voi ricorderanno il film “La neve nel bicchiere” del grande Florestano Vancini, tratto dall’omonimo romanzo di Nerino Rossi, che racconta una saga familiare che si snoda nei primi decenni del Novecento nella pianura argentana, in località Campotto (allora chiamata Due Ponti, quelli per intenderci sui fiumi Idice e Sillaro). Ricordo il set cinematografico allestito non a Campotto ma a Boccaleone, che conservava allora (parliamo del 1983-84) una piazza ancora integra, sebbene a pochi metri passasse, come tutt’ora, la SS16 Adriatica!

Allora ero un bambino e ricordo che diversi miei coetanei furono scritturati come comparse e non solo, per esempio l’amico Claudio Conficconi ebbe un ruolo da co-protagonista, ma, scherzando ancor oggi sull’avvenimento, fu la sua prima e unica esperienza cinematografica…

Ma cos’è “La neve nel bicchiere”???

Era una pratica di “sostentamento” che consisteva nell’aggiungere alla neve appena caduta un buon quantitativo di Saba, o “mosto cotto”, valido ricostituente invernale per i bambini, e gelosamente conservata in ampolle poste in teche difficilmente raggiungibili dai più piccoli…

Rito arcaico ormai desueto, ho cercato di farlo rivivere oggi, coinvolgendo una piccola “attrice’’…Certo ho vissuto questo gioco con ilarità, ma posso assicurarvi che “la neve nel bicchiere” è davvero buona, e somiglia tanto a un sorbetto dei nostri giorni…

Con questo “rito” un po’ magico vi auguro ogni bene per il 2010, così, piano piano, senza correre, magari fermandosi a guardare la neve cadere…